Impresa unica e aiuti in de minimis

Lo scorso 20 settembre l’Ordine nazionale dei Commercialisti e degli esperti contabili, unitamente alla Fondazione nazionale dei Commercialisti, ha pubblicato un documento in cui prende in esame il metodo con cui le imprese appartenenti ad un medesimo gruppo vengono classificate come impresa unica. Questo metodo ha ripercussioni sull’entità di contributi in regime de minimis, ai quali le imprese appartenenti a gruppi possono effettivamente accedere.
 
Il documento dei commercialisti pone l’accento sul fatto che le regole in base alle quali si stabilisce lo status di impresa unica di due o più imprese, e che di fatto fanno sì che esse possano accedere tutte insieme alla somma totale di 200 milioni di euro di aiuti in de minimis invece che singolarmente, dovrebbero tenere conto dell’attività effettivamente svolta dalle singole imprese.
 
Secondo i commercialisti, non dovrebbero infatti essere considerate come impresa unica quelle realtà che di fatto, pur appartenendo ad un medesimo gruppo, svolgono attività differenti e operano su mercati ben distinti e che quindi, nell’ipotesi in cui potessero godere ciascuna del tetto massimo di aiuti in de minimis non trarrebbero da ciò un indebito vantaggio competitivo.
 
I commercialisti prendono inoltre in esame un altro aspetto iniquo della normativa sugli aiuti in de minimis, rappresentato dal fatto che le multinazionali sono palesemente avvantaggiate dalla normativa che, per la definizione di impresa unica, prende in considerazione soltanto le imprese ubicate nella stessa nazione; in tal modo le multinazionali possono beneficiare degli aiuti in de minimis sia nel paese di origine che in quello/quelli in cui sono ubicate le controllate.
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