Via libera alla riforma della crisi d’impresa

Dopo 77 anni, cambia la legge sulla crisi d’impresa.
Il dato più interessante della riforma è la creazione di un pacchetto di misure di allerta pensate per favorire l’emersione tempestiva della crisi, anche con il contributo degli organi di controllo interni e dei creditori istituzionali.

In sintesi le principali novità per le imprese:

1. Estesa la platea di srl obbligate alla nomina di sindaci e revisori.

Sono stati ridotti considerevolmente i parametri al cui superamento scatta l’obbligo di nomina di sindaci e revisori nelle srl. Avranno l’obbligo di nomina di sindaci e revisori delle srl che abbiano anche uno solo dei seguenti tre requisiti:

  • sono tenute alla redazione del bilancio consolidato;
  • controllano delle società obbligate alla revisione legale dei conti;
  • sono in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:
  • un attivo superiore a 2 milioni di euro (contro i 4,4 milioni di attivo della precedente normativa);
  • ricavi superiori a 2 milioni di euro (contro 8,8 milioni di ricavi della precedente normativa);
  • un numero di dipendenti superiore a 10 (prima il limite era fissato a 50 dipendenti).

E’stato inoltre innalzato a tre il numero di annualità in cui non bisogna superare nessuno dei limiti indicati per non incorrere nell’obbligo di nomina di sindaci e revisori.

2. Priorità ai creditori rispetto al risanamento aziendale e alla tutela dei posti di lavoro.

Secondo la riforma, il risanamento dell’impresa in crisi e/o il mantenimento dei posti di lavoro sono importanti ma devono essere compatibili con l’interesse dei creditori in quanto la continuazione d’impresa è funzionale alla soddisfazione dei creditori. Per quanto concerne il concordato con continuazione aziendale diretta, la riforma prevede che si possa stipulare, anche anteriormente al ricorso, il contratto di affitto funzionale alla cessione o al conferimento d’azienda finalizzato alla prosecuzione dell’attività in capo ad un altro imprenditore.
Inoltre è previsto l’obbligo di mantenimento o di riassunzione di un numero di lavoratori pari ad almeno la metà della media di quelli in forza nei due esercizi precedenti al deposito del ricorso.

Con la riforma, il concordato liquidatorio è percorribile se, fatto salvo il principio del soddisfacimento del 20% dell’ammontare complessivo del credito chirografario, vi siano risorse ulteriori per soddisfare i creditori, rispetto a quelle rappresentate dal patrimonio del debitore, nella misura di almeno il 10 % in più rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale.
Altra novità è rappresentata dall’estensione del potere di sindacato del giudice circa l’efficacia del piano di risanamento presentato dall’impresa in crisi.


3) Il Fallimento diventa Liquidazione giudiziale.
Con la riforma, il termine “fallimento” viene sostituito con “liquidazione giudiziale” e vengono introdotti due concetti: stato di crisi e insolvenza.
Con “stato di crisi” si intende la condizione di difficoltà economico-finanziaria dell’impresa che non riesce a regolare i propri flussi di cassa in maniera tale da gestire con regolarità i propri impegni mentre con il termine “insolvenza” si intende lo stato del debitore che non può più far fronte alle proprie obbligazioni con regolarità.

4) Holding: procedura di gestione della crisi unitaria.
La riforma ha previsto la possibilità di optare per la presentazione di un’unica domanda di accesso alle procedure di concordato preventivo o di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti se la crisi investe più imprese appartenenti allo stesso gruppo. Rimane percorribile la scelta di predisporre piani diversi ma occorre dimostrare che ciò comporta un maggio vantaggio per i creditori.

5) Ammesse anche le società all’ esdebitazione. Anche le società saranno ammesse al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei debitori non soddisfatti a seguito di una verifica meritocratica condotta sugli amministratori e sui soci.

6) Più responsabilità per i manager.
La riforma responsabilizza maggiormente i manager rispetto all’obbligo di conservazione del patrimonio sociale e introduce la liquidazione dei danni derivati dalla mancata osservazione dell’obbligo di gestire la società anche dopo il suo scioglimento.
Viene istituito l’albo nazionale dei soggetti deputati a svolgere la funzione di curatori, commissari giudiziali o liquidatori che devono essere in possesso di requisiti di onorabilità e devono ottemperare all’obbligo di aggiornamento biennale.


7) Previsti incentivi per chi interviene tempestivamente.
Una delle novità più interessanti della riforma è rappresentata dall’introduzione di una serie incentivi introdotti a favore delle imprese che, al manifestarsi dei primi segnali di crisi, attivino delle procedure di prevenzione.
Inoltre, viene introdotto anche l’obbligo di segnalazione da parte dei principali creditori istituzionali o degli organi di controllo societari degli indizi di difficoltà finanziaria che siano ritenuti significativi.


8) Istituito l’OCRI (Organismo di composizione della crisi d’impresa).
Istituito un Organismo di composizione della crisi d’impresa presso le Camere di Commercio che avrà il compito di gestire la fase di allerta per tutte le imprese e esercitare la funzione di assistere le imprese nella composizione della crisi.
Stabilito anche il principio che le modalità di gestione della crisi rimangano segrete per evitare fughe di notizie che possano danneggiare l’immagine aziendale.

9) Accordi di ristrutturazione validati solo se omologati con il 60% dei creditori.
Stabilita una soglia del 60 % dei creditori favorevoli per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione deu debiti.
La soglia scende al 30 % nel caso dei piani di ristrutturazione “agevolati” che si possono applicare a patto che il debitore non richieda la moratoria dei pagamenti e rinunci a misure protettive temporanee.

10) Snellite le procedure di accertamento del passivo e di liquidazione dell’attivo.
La riforma prevede un generale snellimento delle procedure di accertamento del passivo e prevede l’applicazione del sistema “Common” per la liquidazione dell’attivo che è basato su tre elementi:

  • mercato nazionale telematico unificato dei beni da vendere nella procedura;
  • possibilità di acquisto da parte dei creditori abilitati;
  • istituzione di fondi per la gestione dei beni invenduti.
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